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La forza delle parole

05.06.2014 11:39

Siamo giunti in un’epoca dove tutto viene separato da ciò che naturalmente gli appartiene. Forse per l’amore della ricerca, l’uomo ha sempre avuto una tendenza a parcellizzare, a sezionare per poter capire meglio, ma è nell’insieme che ogni parte si comprende davvero. Puoi sezionare i muscoli, capire il funzionamento di un corpo umano in ogni suo nervo, studiarne la struttura osso per osso, ma tutto questo a cosa ti serve se non lo ricomponi in un quadro più ampio? Fin qui l’uomo ci arriva usualmente, ma perché si ferma quando a dover essere ricomposta è la coscienza umana?

Secoli fa fu avvalorata la divisione tra fede e ragione (considerata ormai ampiamente assodata), e forse fu il primo dei sezionamenti successivi: l’amore diviso dal sesso, la sessualità divisa dalla procreazione, il genere diviso dal corpo (esisterebbero 32 generi su per giù), l’identità divisa dal corpo (basta una carta con un timbro e sei magicamente del sesso che senti), la maternità divisa dalla femminilità, la femminilità divisa dal corpo, la madre divisa dal figlio (prodotto per terzi), la paternità divisa dalla presenza (donazioni di seme e figli che non conosceranno mai il genitore), la genitorialità divisa dalla famiglia (tutto può essere famiglia), ecc.

Al fondo ciò che è separato è il reale dalla coscienza umana. Ciò che è realtà, che è carne, che è evidenza è slegato dalla ragione umana. La ragione è separata dalla realtà.

Dia-ballein: separare, gettare di traverso, causare una frattura, ossia calunniare. Dia-ballein = dia-bolo = diavolo

C’è di che meditare.

AFFITTASI

29.05.2014 12:52

Il mercato ha ormai raggiunto nuove e mirabolanti frontiere. Il denaro come sempre può aprire ogni porta e, se aprire le gambe di una donna a prezzo contenuto non è una novità, oggi spalanca anche l’utero. La donna ormai è un loft. Se ne vende il calore, se ne vende la bellezza, ed ora se ne vende anche la maternità. Ci sono diverse terminologie a confronto: gestazione di sostegno, maternità surrogata e utero in affitto. La prima è quella politically correct, la terza è quella che vorrebbe essere più cruda, la seconda è una via di mezzo; la sostanza è che il consumismo è riuscito ad appropriarsi anche del più grande privilegio femminile (ospitare una nuova vita nel proprio corpo e sentirlo crescere passo passo), con il sostegno delle sinistre (non erano i nemici del consumismo?).

Il femminismo che voleva valorizzare la donna, metterla sullo stesso piano dell’uomo, è riuscito in quello in cui il maschilismo non si sognava neppure: la donna è diventata cruda merce priva di identità. Il femminismo ha realmente valorizzato la donna, ma nel senso che le si può attribuire un valore in denaro: non è qualcosa di così prezioso da essere inarrivabile. Per intenderci, una donna vale meno di un quadro di Picasso o di Cezanne! Puoi comprare il suo corpo, puoi comprare la maternità, puoi comprare i suoi figli: la carne della sua carne e il sangue del suo sangue (anche se non sempre il DNA del suo DNA). Basta il giusto prezzo, troverai donne così spogliate del loro orgoglio e del senso di maternità, che saranno disponibili a rinunciare alla creatura che hanno portato in grembo per nove mesi, hanno nutrito e curato. In fondo, la maternità è solo una caratteristica di un corpo con un utero e due ovaie, la persona in tutto questo non c’entra. Il corpo è una macchina e in quanto tale va trattato: una macchina di produzione di bambini. (Ehi, ma non era anche questo che il femminismo combatteva? L'usare la donna come partoriente?)

Un oggetto di siffatte caratteristiche quanto può costare? Cinquemila euro? Diecimila? Quanto vale, ai suoi stessi occhi, una donna? Ventimila euro? E il figlio in vendita, quanto vale? Venticinquemila euro? Meglio i dollari? Qual è la valuta più vantaggiosa nella compravendita di una persona? 

Signori, fatevi avanti: l’asta è aperta, la donna è in vendita, chi offre di più?

La forza delle parole

08.05.2014 16:21

C’è una parola italiana che racchiude ancora la saggezza degli antichi: nascituro. Nascituro significa “che nascerà”- “che sta per nascere”; è una forma che deriva dal participio futuro latino e condensa in una parola questa sfumatura di futuro. Sarebbe bello se invece delle parole “feto” o “embrione” si utilizzasse proprio questa parola: nascituro. Se uno avesse chiaro questo concetto insito nella parola, si renderebbe conto che l’aborto è distruggere un futuro, il futuro di qualcuno che, se non si vuole chiamare bambino, sarebbe comunque uomo.